martedì 16 luglio 2013

Voglio viverti. Un must.

“Voglio viverti”. 

E’ questo il must dei nostri tempi. 
Non più “Ti amo”, “Ti voglio sposare”, “Per sempre”. 
No. Ti voglio vivere. 
Fa meno impressione, fa meno paura, è una zona d’ombra tra il tutto e il niente, tra la coppia e l’amicizia, fra lo sfiorarti con lo sguardo e metterti una mano dentro i pantaloni.

Perchè oggigiorno chiedere a qualcuno di impegnarsi è come trovare un lavoro per il quale hai studiato, vincere a "Turista per sempre" o incontrare uno con le tasche di Mark Zuckerberg e la faccia di Brad Pitt. 


Il viverti non contempla legami, obblighi, termini. Finchè c'è, c'è. Se poi finisce non puoi reclamare niente. E' una sorta di patto silenzioso, un accordo tra due persone a frequentarsi, conoscersi, amarsi, ma senza convenzioni. Un po' alla hippy. Come piace tanto a me. 
Ma il problema nasce quando qualcuno dei due spera in qualcosa di più.
Accade perchè è umano, necessario, vitale. 

Esistono anche i cinici, sfrontati, quelli che l'importante è segnare la/il tipa/o con cui sono stati manco fossero carcerati con 30 anni di pena da scontare che contano i giorni. 

Spesso succede che uno comincia a sperare, a pensare che dal tacito accordo qualcosa si possa urlare al mondo. Di una semplicità complicata. Un casino nel casino. Una tensione perenne tra ciò che è e potrebbe essere.

Capita anche, molte volte, che per la paura suddetta, appena qualcosa cambia si molli tutto per evitare di buttarsi, di gioire, di soffrire. Insieme. Oggigiorno condividiamo tutto: pensieri, foto, illusioni, speranze, stati d'animo. Ma facciamo fatica a condividere noi stessi con qualcun altro.

Che se ci mettiamo una maglietta con il logo di Facebook o Instagram cambi qualcosa? Mah, potrebbe essere un'idea. 





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